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Linguaggio del vino
Impariamo a descrivere un vino

Azienda Agraria Antico Colle di Andrea Frangiosa

Quando ci sediamo con un bicchiere di vino davanti, spesso ci limitiamo a dire: “Mi piace” o “Non fa per me”. Ma nel mondo del vino, le parole contano. Saper descrivere un vino in modo preciso e consapevole non solo ci aiuta a capirlo meglio, ma rende più ricca e coinvolgente la nostra esperienza.
In questo articolo esploreremo il linguaggio della degustazione: un lessico fatto di sensazioni, analogie e termini tecnici che ci permettono di trasformare un semplice sorso in una vera narrazione.


I tre momenti della degustazione
La degustazione si divide in tre fasi principali: esame visivo, olfattivo e gustativo. Ognuna ha il suo vocabolario, ed è proprio da qui che iniziamo.


1. Esame visivo: il colore racconta
Il primo impatto con il vino è visivo. Osservandolo nel bicchiere possiamo cogliere subito alcuni indizi:

• colore: rosso rubino, granato, porpora, giallo paglierino, dorato, ambrato. La tonalità e l’intensità ci suggeriscono l’età e il tipo di vino

• trasparenza: un vino limpido è ben vinificato; nei rossi più evoluti, la trasparenza aumenta

• consistenza: facendo roteare il vino, possiamo osservare le “lacrime” o “archetti” che scendono lungo le pareti del bicchiere; questo ci dà un'idea della gradazione alcolica.



2. Esame olfattivo: un mondo di profumi
L’olfatto è la fase più evocativa e affascinante. È qui che il vino si racconta davvero:

• intensità: il profumo è tenue o deciso?

• qualità: è fine, elegante, oppure grezzo e pungente?

• famiglie aromatiche: i profumi vengono associati a categorie per facilitare il riconoscimento:

o fruttati – mela, ciliegia, frutti di bosco…
o floreali – rosa, violetta, fiori bianchi…
o speziati – pepe, vaniglia, chiodi di garofano…
o erbacei – fieno, erba tagliata…
o tostati e balsamici – caffè, cioccolato, resina, eucalipto…
o minerali – pietra focaia, gesso, grafite…

Non bisogna temere nemmeno di usare anche termini “poetici” o personali: dire che un vino ricorda “la scorza d’arancia candita della nonna” è perfettamente lecito in una degustazione tra appassionati.



3. Esame gustativo: equilibrio e persistenza
Al palato, il vino ci offre le sue componenti strutturali:

• dolcezza: secco, abboccato, amabile, dolce

• acidità: responsabile della freschezza

• tannini – nei rossi: secchezza, astringenza. Possono essere “verdi” – acerbi – o “morbidi” – ben integrati

• alcolicità: calore percepito in bocca

• corpo: la struttura complessiva, che può essere snella, media o robusta

• persistenza aromatica intensa – PAI: quanto dura il sapore dopo aver deglutito? Un vino lungo in bocca è generalmente di buona qualità.



Il vino si racconta: come unire le sensazioni
Per descrivere un vino non basta elencare caratteristiche. Bisogna cercare armonia e coerenza. Facciamo un buon esempio con quella che potrebbe essere la descrizione di un Vino Nobile di Montepulciano:
“Rosso rubino profondo con sfumature granato. Al naso si apre con note di ciliegia matura e mora, seguite da sentori di pepe nero, tabacco dolce e un accenno balsamico. In bocca è strutturato, caldo, con tannini vellutati e un finale lungo che richiama spezie e sottobosco.”
Con un po’ di pratica, il vocabolario diventerà naturale. Non si tratta di imitare i sommelier, ma di costruire un proprio modo di esprimere ciò che si sente, in modo chiaro e condivisibile.

Il linguaggio del vino, in fondo, è una chiave. Non serve per impressionare, ma per capire meglio ciò che si beve e comunicarlo agli altri. Più lo usiamo, più diventiamo consapevoli di quello che ci emoziona in un bicchiere. E questo è il cuore della passione per il vino: la scoperta, il racconto, la condivisione.

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